martedì 24 agosto 2021

Lo Chef barese ha iniziato a portare i suoi piatti davanti alla telecamera dello smartphone, spopolando sui social. Gli ingredienti? La simpatia e la grinta, una buona dose di creatività e lo sprint di alcune materie prime che nella sua dispensa non mancano mai. Un viaggio nel gusto italiano che passa per la sua Bari, un viaggio social tutto da scoprire.

Nell'era dei social l’immagine conta più di ogni altra cosa e il cibo rinchiuso in una foto risultata essere il trend del momento ,un trend, troppo ghiotto, per trasformare le casalinghe in veri Chef che a malapena riuscivano a cucinare un piatto di pasta al sugo nei siti di food blogger.
L'esplosione della cucina aveva già spaccato, a causa dei social, il mondo in due: da una parte i tradizionalisti, i puristi, i professionisti che pensavano che la cucina si faceva in cucina; dall’altro gli amatori che da casalinghi, appunto, avevano incassato il favore del popolo trasformandosi in food blogger.
Di ricette, pochine, di apparenza troppa, di sostanza pochina.
Ma funziona tuttora? Il Covid ha un po' fatto traballare certe gerarchie con gli chef che non potendo stare in cucina hanno aumentato la loro presenza sui social proponendo ricette e consigli come ha fatto lo Chef Donato Carra, Corporate Chef della F. Divella S.p.A.
Lui, Ambasciatore della cucina pugliese nel mondo nonché maestro dell'ospitalità e dell'enogastronomia internazionale, giornalmente posta sui suoi canali social svariate ricette che, non solo puntano a valorizzare il marchio aziendale e il suo prodotto, ma tendono a generare attenzione e fiducia nei consumatori consigliando e spiegando ricette genuine e semplicissime con un forte impatto visivo.
Oggi le aziende cercano dei creator ovvero dei profili che riescono con il loro stile ad interpretare il messaggio dell’azienda e a far proprio il prodotto che devono promuovere. Il nuovo profilo deve essere riconoscibile agli occhi del pubblico, non solo come colpo d’occhio, ma come modo di fare, come atteggiamento, come linguaggio. Lui è uno Chef che è stato capace di creare una community, su Facebook, che voleva avere a che fare con una persona preparata e genuina. Oggi lo Chef Carra è diventato un brand editoriale, sapere quando condividere e quando interagire col pubblico non è facilissimo, ma rientra nelle prerogative del suo marketing moderno. Non ci resta altro che visitare la sua pagina Facebook per preparare golosità a portata di portafoglio.

sabato 14 agosto 2021

La frutta nella sua naturale essenzialità, senza zuccheri aggiunti e in nuovi gusti mixati con una lista corta e semplice di ingredienti.

E' questo il trend che esprime il consumatore moderno, al quale Valfrutta offre da alcuni anni una grande risposta di alta qualità, 100% Frullato Valfrutta nel brik da litro. Una linea di prodotti che si affianca ai nettari classici, garantendo la presenza di sola frutta 100% senza zuccheri aggiunti, senza coloranti e conservanti, Vegan OK, con pochi, chiari e semplici ingredienti.
100% Frullato Valfrutta è proposto in tre ricette speciali che combinano frutta dal ricco sapore e da gustare sorso dopo sorso:
- 100% Frullato Pera Uva Banana
- 100% Frullato Fragola Mela Ribes Mirtillo
- 100% Frullato Pesca Uva Banana
Tre gustosi consigli ad alto valore nutrizionale, tre succhi calibrati con cura per trasformare una sana abitudine in un piacere da assaporare, con tutto il saper fare di Valfrutta che trasforma orgogliosamente frutta e verdura di qualità in Italia.
100% Frullato Valfrutta in brik da litro è perfetto per la famiglia che già consuma i nettari di frutta e per chi cerca comunque un nutrimento sano e genuino di sempre maggior qualità.
Grazie al formato maxi da litro 100% Frullato Valfrutta è una preziosa riserva di sola frutta che diviene un piacere rigenerante, ma anche uno spezza-fame da consumare in ogni momento:
- sia a colazione per iniziare la giornata con tutti i benefici unici della buona frutta da bere al naturale
- sia nei break quotidiani per una ricarica nutriente e molto gustosa.
Il prezzo di vendita consigliato è di 1,96 euro per ogni referenza.
La linea 100% Frullato Valfrutta è disponibile nei punti vendita della Grande distribuzione e della Distribuzione organizzata.

venerdì 13 agosto 2021

In occasione della posa della prima pietra, Mottolino Fun Mountain annuncia la collaborazione con Mo-Food per l’apertura del nuovo ristorante Kosmo Taste the Mountain – Livigno & AlpiNN. Quest’ultimo è parte della grande operazione di rinnovamento della ski-area che culminerà con la costruzione della nuova sede di Mottolino Fun Mountain, la cui apertura è programmata per il mese di dicembre 2021. Un investimento di oltre 10 milioni di euro in vista delle Olimpiadi invernali del 2026.

Il nuovo ristorante cambia i paradigmi finora seguiti, con un’offerta food in ottica sostenibile e una struttura in armonia con la natura. Per farlo, la famiglia Rocca si affida a Mo-Food di proprietà dello chef tre Stelle Michelin e Stella verde Norbert Niederkofler e del socio Paolo Ferretti, che ne assumerà la direzione strategica.
Dal 2018 la holding è proprietaria di AlpiNN-Food Space & Restaurant, situato a Plan de Corones a 2275 metri d’altezza, dove l’executive chef Fabio Curreli realizza una cucina di montagna basata sulla filosofia etica Cook the Mountain di Norbert Niederkofler, che nasce da ingredienti territoriali e stagionali, riutilizzo degli scarti e un rapporto personale e di stretta collaborazione con produttori locali. La stessa che troverà ampio respiro presso il nuovo ristorante a Livigno, che già nel payoff "Taste The Mountain – Livigno e AlpiNN" sottolinea il legame con quest’ultimo, e per il quale lo stesso Curreli curerà alcuni piatti.
Per questo progetto, oltre allo sviluppo della strategia, Mo-Food si occuperà dell’organizzazione di tutti gli aspetti gastronomici, con una ridefinizione completa dei servizi: si punta sui produttori locali per l’approvvigionamento delle materie prime, in un’ottica di etica e sostenibilità.

giovedì 12 agosto 2021

E' un all day cocktail rinfrescante, il drink Napul'è, adatto a tutti i gusti e palati, realizzato da Gioacchino Coppola, bar manager di Riserva RoofTop, nuova apertura con vista sul golfo di Napoli.

Una doppia dedica alla città di Napoli: da una parte per l'ingrediente principale del drink, il Limoncello Pallini, premiato con la Medaglia d'Oro del Concours Mondial de Bruxelles 2020 allo Spirit Selection e con il Quality Award 2021, liquore naturale prodotto dal 1875, ottenuto dall'infusione di scorze dei limoni IGP Sfusato, coltivati con metodi tradizionali e raccolti a mano sulle terrazze della Costiera Amalfitana. Dall'altra, Napoli rappresenta il luogo del ritorno a casa per il bartender Coppola, che si ispira anche al colore unico dei tramonti della città, con l'utilizzo del pompelmo rosa.

INGREDIENTI:
40 ml vodka
10 ml Limoncello Pallini
10 ml bitter Campari
10 ml succo di pompelmo rosa e ginger ale
Garnish: pompelmo rosa

PREPARAZIONE:
Versare il Limoncello Pallini, il bitter e la vodka in uno shaker, shakerare, versare in un bicchiere e riempire con la bevanda allo zenzero composta da succo di pompelmo rosa e ginger ale.

mercoledì 11 agosto 2021

Con questi due primi eventi in presenza Farina Petra vuole mettere in risalto le iniziative a favore della buona tavola, della valorizzazione della filiera di appartenenza e della sostenibilità.
Con la pandemia di Covid-19 la farina ha vissuto un momento davvero particolare: ha accompagnato, più che in passato, le attività quotidiane dei singoli durante il lockdown, dando nuovi spunti di riflessione e portando a una nuova consapevolezza sulla relazione tra l’umanità e l’ambiente; temi caldi che lo smartworking, i periodi di quarantena forzata e la scuola a distanza hanno reso ancora più urgenti.

Le farine Petra presenti a Cibus e Identità Golose sono l’emblema della sensibilità dell’azienda per il rispetto dell’ambiente e rappresentano il forte legame tra il mondo agricolo e l’innovazione, nel rispetto della biodiversità dei cereali e delle coltivazioni che fanno tesoro delle esperienze di un passato meno industriale.
Oltre ai prodotti classici di Petra, protagoniste delle fiere saranno le farine della nuovissima Linea HP (High Performance), prodotte con cereali germogliati, e le iconiche macinate a pietra con l’esclusivo processo Augmented Stone Milling, una tecnica di macinazione a pietra potenziata che elimina gli antichi difetti del procedimento e restituisce valore nutrizionale alle farine e grande facilità di lavorazione.
L’azienda presenterà, inoltre, i corsi di formazione dedicati ai professionisti (Accademia del pane, Panettone, Università della pizza e Pasta fresca) e agli appassionati (Lievito madre, Focacce salate, Torte crostate e biscotti e Panificazione con cereali diversi).

martedì 10 agosto 2021

Bottega da circa due anni ha allargato la propria gamma di distillati, entrando nel mercato del gin. L’azienda trevigiana scommette quindi sulle potenzialità di questo prodotto che, grazie al Gin Tonic e al bere miscelato in genere, diventa un asse portante dei consumi dei principali locali di tendenza.

Bottega vanta una tradizione di tre generazioni nel campo della distillazione della grappa. L’introduzione di alcune innovazioni tecnologiche, quali la distillazione sottovuoto, la riduzione del grado alcolico e l’impiego di un terzo passaggio in colonna demetilante, hanno regalato sempre nel segno della tradizione una nuova vitalità alla nostra acquavite di bandiera. La stessa filosofia produttiva è stata estesa anche al gin con l’obiettivo di creare un distillato morbido e di grande aromaticità.
Gin Bacûr Bottega è un Distilled Dry Gin, che sviluppa una gradazione alcolica di 40% vol. È caratterizzato dall’utilizzo di botanicals di origine certificata: bacche di ginepro (Toscana), salvia (Veneto) e scorze di limone (Sicilia). La sua qualità e la sua complessità dipendono non solo dal numero di piante, ma anche dalle condizioni di estrazione delle componenti aromatiche di ognuna di esse.
È indicato per preparare cocktail di varia tipologia, tra cui l’intramontabile Gin Tonic. Questa la ricetta: 40 ml Gin Bacur, 80 ml acqua tonica, mezza fetta di limone, bacche di ginepro (o salvia o menta), cubetti di ghiaccio. Preparazione. Raffreddare il bicchiere. Versare Gin Bacur. Aggiungere ghiaccio, una fetta di limone, bacche di ginepro, una foglia di salvia o di menta, acqua tonica. Mescolare bene prima di servire.
Il termine Bacûr, di derivazione preellenica, veniva anticamente utilizzato per indicare il rame.
Il prezzo al pubblico di Gin Bacûr Bottega cl 50 è di circa 23 euro. È disponibile anche in bottiglia da 70 cl, da litro, in mignon da 5 cl e in versione spray da 10 cl.

lunedì 9 agosto 2021

Per la ricorrenza più attesa dell’estate, Tenute Toscane propone due delle sue etichette, una dedicata gli amanti dei freschi vini bianchi estivi e una per i più irriducibili, che non rinunciano a un calice di rosso nemmeno il 15 di agosto, accomunati da due elementi imprescindibili: bellissima bevibilità e ottimo rapporto qualità prezzo.

Si parte quindi dalla cantina da cui tutto ha avuto inizio: Podere Torre Terza, possedimento storico della famiglia Baroncini, dove Bruna Baroncini muove i primi passi in vigneto e dà avvio alla sua carriera ormai quarantennale nel mondo della viticoltura. Qui si produce da generazioni Brunora, la Vernaccia di San Gimignano DOCG di Podere Torre Terza, un vino ideale da solo come aperitivo o in accompagnamento a crostacei e formaggi molli ma che si sposa bene anche con pesci e carni bianche come coniglio e pollo (prezzo in enoteca circa 18 euro).
Per gli amanti della classica grigliata di Ferragosto si passa poi alla proposta in rosso che arriva direttamente da Montalcino con Poggio il Castellare, che fa parte del gruppo Tenute Toscane dal 1998 e da allora proietta ambiziosamente la famiglia Baroncini nel mondo del Brunello. La proposta estiva punta tutto sulla versatilità di un blend di Sangiovese e Merlot equilibrato e di buona struttura, il Toscana Rosso IGT Passo dei Caprioli: servito fresco sarà perfetto accompagnamento di grigliate di carne, ma anche di piatti di pesce salsati come il caciucco, paste in rosso, anche ai frutti di mare, tagliate di tonno (prezzo in enoteca 14 euro circa).
Per il brindisi di Ferragosto, Tenute Toscane porta in tavola quindi genuinità e veracità, con due proposte che sono espressione di una vita, quella di Bruna Baroncini, vocata alla valorizzazione dell’enologia e della viticoltura toscana.

I vini

Vernaccia di San Gimignano DOCG Brunora di Podere Torre Terza

Blend di 90% Vernaccia e 10% Chardonnay, prodotto presso Podere Torre Terza a San Gimignano, alla presenza di suoli a prevalenza argillosa con calcare e scheletro. Le due uve vengono vendemmiate e lavorate separatamente in recipienti di acciaio inox, fermentazione svolta con blando controllo della temperatura e utilizzo di bentonite per stabilizzare il processo, successivamente rimane 3 mesi sulle fecce fini, sempre in acciaio, con batonnage non troppo frequenti. Poi si effettua il blend finale e si svolge un ulteriore affinamento in acciaio di 2-3 mesi, per avere il vino in bottiglia a marzo-aprile.
Di color giallo paglierino con riflessi dorati, al naso profuma di bergamotto e albicocca, con tocchi di timo cedrino e chiusura di eucalipto con classica nota ammandorlata. La bocca è croccante, di eccellente freschezza e salata, mentre il finale presenta sentori officinali-fruttati di bella persistenza e un piacevole ritorno della nota ammandorlata.

Toscana Rosso IGT Passo dei Caprioli di Poggio il Castellare

Un blend di Sangiovese e Merlot da vigneti esposti a sud-est, sottosuoli limosi-argillosi, allevamenti a cordone speronato, ad altezza di circa 350 metri slm, densità di circa 3800 piante/ha e resa media di circa 30 q.li/ha. Nasce da due microvinificazioni separate, entrambe in acciaio, con una piccola macerazione sulle bucce, di circa una settimana, esclusivamente per il Sangiovese. Successivamente il vino viene assemblato ed affina per 18 mesi in acciaio. L’insieme è sorprendente: un vino che rispecchia l’eccellente sapidità e speziatura del Sangiovese, a cui il Merlot dona la classica morbidezza. Piccoli frutti rossi al naso, melograno su tutti, poi un tocco di pepe verde, la bocca è densa, i tannini morbidi, il finale con ritorno officinale-speziato.

Tenute Toscane

Bruna Baroncini dice che "avere a che fare con il Sangiovese è come avere a che fare con un Uomo. Potrebbe anche essere Donna, perché no, ma io lo immagino Uomo. Nel Morellino è il ragazzino, impetuoso, un po’ acerbo, curioso. A Montepulciano è adolescente, è scalpitante come un cavallo selvaggio, ha davanti a sé tutte le possibilità del mondo. Nel Chianti è l’età adulta, è quando coniuga equilibrio e forza, morbidezza e persistenza. Nel Brunello è il Sangiovese alla sua piena maturità, insieme fragoroso e saldo, saggio e sicuro di sé, ancora con tutta la potenza degli anni migliori. E poi ha le potenzialità per una vita lunghissima".
Ecco perché per Bruna Baroncini, una vita nel mondo del vino, il Sangiovese è stato il compagno di viaggio ideale, del resto alla sua casata, già accreditata come produttrice di vino nel Liber Aetatum del 1489, archivio storico di San Gimignano, la bevanda cara a Dioniso scorre decisamente nelle vene. La carriera di Bruna inizia proprio nei possedimenti di famiglia, al Podere Torre Terza, dove la famiglia produceva Vernaccia ma sognava già il Chianti Classico, la tipologia che il padre di Bruna considerava il Paradiso Perduto. Una famiglia peculiare, quella di Bruna, dove storicamente sono le proprio le donne a curare le vigne. Come già, prima di lei, nonna Gina, e ancora mamma Ilva, e come (forse) sarà per la piccola Bianca Apollonia, figlia di Samuele, il nipote, che da qualche anno la affianca in azienda. Fatalmente, la prematura morte del padre, nel 1987, significa per Bruna rinunciare al sogno di diventare medico ma le fa scoprire la vocazione di una vita. Bruna sa che le parole di suo padre non erano predizioni arcane ma visioni nitide: proprio nel Sangiovese è deposto lo scrigno della saggezza che la sua famiglia va inseguendo da sempre. Nel 1995 acquisisce Il Faggeto, a Montepulciano, che rappresenta il primo territorio dove inizia a sperimentare con il vitigno principe di queste terre. Nel 1997 è la volta della Maremma, nella fattispecie Magliano in Toscana, con l’acquisto di Fattoria Querciarossa, dove la sfida di interpretare il Sangiovese in tutte le sue sfumature si impreziosisce ed acquista significato. Nel 1997 è la volta dell’approdo al main stage, l’ambizione massima, ovverosia il Brunello, con l’acquisizione di Tenuta Poggio Il Castellare. Nel 2003, poi, la famiglia Baroncini completa il suo parco di offerta sul Sangiovese, nel contempo realizzando le visioni del padre di Bruna, con l’acquisto di Tenuta Casuccio Tarletti, a Castelnuovo Berardenga, versante Chianti Classico.
Nobile, Morellino, Chianti, Brunello, quindi, in letture rispettose della varietà e punto di incontro tra equilibrio e tensione, ma anche Vernaccia, Vermentino e seminali interpretazioni di internazionali in declinazioni di pregio, che denotano spinta sapida e raffinata eleganza. Nessuna sgarbatezza consentita, come nel carattere di Bruna.
Vini che impressionano per l’equilibrio delle componenti e che non risultano mai appesantiti, eccessivi o eccessivamente meditativi. Di pronta beva, originali, dotati di complessità e tridimensionalità, segno distintivo di vocazione e passione lunghe una vita.

domenica 8 agosto 2021

Il ceci è un annuale di stagione fresca che richiede circa 100 giorni per raggiungere il raccolto. Semina i ceci in giardino intorno alla data dell’ultima gelata media in primavera o leggermente prima. I ceci richiedono una lunga stagione di crescita; per iniziare la stagione in vantaggio, semina i ceci in casa in una pentola di torba o di carta diverse settimane prima del trapianto. Metti i ceci e il vaso biodegradabile interi nel giardino quando la pianta è alta da 10-12 cm.

Quando si piantano i ceci e come coltivarli

La coltivazione di ceci (Cicer arietinum) è un processo facile ma è raro nella maggior parte degli orti domestici. Essendo un raccolto annuale amante del calore, si comportano meglio nelle aree con una stagione di crescita lunga e secca, ma germoglieranno a temperature fino a 10 gradi. Piantare ceci o semi di ceci richiede pianificazione e preparazione, ma poca cura una volta che le piante sono stabilite, a parte annaffiature regolari, diserbo e po’ di compost.

Come piantare i ceci

Pianta i ceci in pieno sole. I ceci cresceranno in ombra parziale ma la resa sarà ridotta. Coltiva i ceci in un terreno sciolto e ben drenato, ricco di materia organica. Aggiungi compost invecchiato prima della semina. Aggiungi potassio e fosforo al terreno.

Quando si piantano i ceci e periodo di semina

Il cece è un annuale di stagione fredda che richiede circa 100 giorni per raggiungere il raccolto. I ceci tollerano il gelo ma crescono meglio dove le temperature diurne variano tra 21 e i 26ºC, dove le temperature notturne non scendono sotto i 18ºC. Semina i ceci in giardino già 2 o 3 settimane prima dell’ultima gelata media in primavera. I ceci richiedono una lunga stagione di crescita; per iniziare la stagione in vantaggio, semina i ceci in casa in una pentola di torba o di carta e trapianta la pentola e la pianta intera in giardino quando le piante sono alte da 7 a 10 cm.
Semina i ceci a 5 cm di profondità, distanziati da 7 a 15 cm l’uno dall’altro. Piante di successo sottili a 15 cm di distanza. Distanzia le righe da 45 a 61 cm l’una dall’altra. Non immergere i semi prima della semina ed evitare di annaffiare abbondantemente dopo la semina per evitare che i semi si spezzino. I ceci lasciati crescere un po’ affollati si offriranno sostegno a vicenda.

Coltivazione e cura dei ceci

Mantieni le aiuole uniformemente umide. Annaffiare regolarmente durante la fioritura e la formazione dei baccelli. Evita l’irrigazione dall’alto che può causare la caduta di fiori e baccelli. Pacciamare quando il clima si riscalda per preservare l’umidità del suolo. Aggiungi compost invecchiato ai letti di piantagione prima della semina. Aggiungere fertilizzanti ricchi di azoto alle aiuole. I ceci, come altri legumi, instaurano uno scambio reciproco con i microrganismi del suolo chiamati batteri che fissano l’azoto per produrre composti azotati utilizzati dalla pianta. Coltiva assieme a patate, cetrioli, mais, fragole, sedano, santoreggia estiva. Non piantare i ceci con l’aglio.

Come raccogliere i ceci

I ceci saranno pronti per il raccolto circa 100 giorni dopo la semina. I ceci per il consumo fresco possono essere raccolti quando i baccelli sono ancora immaturi e verdi; possono essere mangiati come i fagiolini. Per i ceci secchi, raccogliere l’intera pianta quando le foglie sono appassite e sono diventate marroni; posizionare la pianta su una superficie piana e calda e lasciare asciugare i baccelli. Raccogli il seme mentre i baccelli si dividono. I semi che si ammaccano appena quando vengono morsi sono sufficientemente asciutti.

sabato 7 agosto 2021

La cantina che ha reso famoso il Sangiovese di Romagna alza il sipario sul primo vino della vendemmia 2020: il Lunaria – Sauvignon Blanc. Si tratta di un vino fresco e di grande piacevolezza che rappresenta l’anima più "spensierata" di Ronchi di Castelluccio, ideale anche e non solo per i brindisi estivi. Il Lunaria sorprende per classe ed eleganza a partire dall’etichetta e dal nome che fa riferimento alla pianta erbacea comunemente chiamata erba luca, simbolo di onestà e chiarezza.

Negli anni Settanta fu già il regista Gian Vittorio Baldi, fondatore di Ronchi di Castelluccio, a sperimentare la vinificazione del Sauvignon Blanc in purezza con uno stile completamente diverso da quello degli altri vini italiani dell’epoca: fu una delle scommesse più azzardate di Ronchi di Castelluccio, ma anche uno dei suoi più grandi successi.
Oggi il Lunaria di Ronchi di Castelluccio si ripresenta con una rinnovata etichetta concepita per esaltare la bellezza botanica di questa pianta spontanea che colora la primavera con i suoi fiori viola e l’estate con i suoi frutti a forma di piccole lune di colore argento.

Lunaria: vinificazione e note di degustazione

Sauvignon Blanc in purezza prodotto dalle vigne più giovani di Castelluccio, Lunaria è un vino che non svolge macerazione, con fermentazione in cemento ed affinamento esclusivamente in acciaio. Di un bel color giallo paglierino con riflessi dorati, il Lunaria al naso gioca su note fruttate e complesse di albicocca e rosmarino, con tocchi di macchia mediterranea. All’assaggio risulta teso e croccante, sapido, con ritorno fruttato-officinale. Un vino che lascia il segno, dal finale molto persistente, fresco e al contempo di ottimo corpo e, soprattutto, grandissima personalità.
I sentori peculiari del Lunaria lo rendono un vino altamente gastronomico, adatto anche a un abbinamento insolito per un Sauvignon Blanc, con crostini con baccalà mantecato su una purea di basilico.
Annata in commercio: 2020
Numero di bottiglie prodotte: 4.000
Costa 9 euro

Ronchi di Castelluccio

Gian Vittorio Baldi, lughese di nascita, è regista e produttore acclamato in tutto il mondo. Vive a Roma, anche se si tratta del classico intellettuale cosmopolita. Nel 1969 si sposa con Macha Méril, attrice francese figlia di un principe russo, di mestiere agronomo e viticultore, musa di Buñuel e Dario Argento. In viaggio di nozze Baldi rimane folgorato dallo Château Lafite-Rothschild. Gli sembra incredibile che il vino possa essere concepito come prodotto intellettuale, anzi, come opera estetica. Tra un film e l’altro inizia a muoversi per l’Italia alla ricerca di qualcosa, non sa ancora di preciso cosa. È alla ricerca di una location idonea per realizzare un progetto che gli gira in testa. Prima pensa alla Sardegna, ma poi l’investimento non decolla. Alla fine, mentre è sul set a Brisighella, si imbatte per caso nei terreni di quella che sarebbe diventata Castelluccio "cercavo un territorio di grande bellezza, che avesse storicamente una presenza della vite e che fosse né troppo vicino al mare, né troppo lontano", come ebbe a dire) e si innamora. Decide che il posto sarà quello. Come suo solito ha le idee cristalline, perché nel frattempo Baldi ha capito cosa sta cercando. Incredibile da credere, sta cercando un posto per fare vino.
Baldi è un artista purosangue, abituato agli alti coefficienti di rischio. Regista che non ha paura di raccontare verità scomode, produttore, tra gli altri, del celebre e controverso "Porcile" di Pier Paolo Pasolini, parte dall’idea maturata negli anni di militanza intellettuale: in quest’ottica c’è tutto il senso di quello che sta cercando. Rimane folgorato dalla potenza enoica espressa in luoghi ‘sacri’ come Château Haut-Brion e Château d’Yquem, dove si è recato quasi in pellegrinaggio. Istantaneamente capisce quello che non funziona nei vini italiani, e di conseguenza nei vini romagnoli, regolarmente snobbati dalle carte dei ristoranti che contano. È un problema di prospettive, in Italia vige ancora una logica contadina: non si tratta di prodotti realizzati secondo idee originali o ambiziose, sono vini senza pretese, artigianali nel senso peggiore del termine, in gran parte pensati per l’autoconsumo. In sintesi, troppa quantità e poca visione, come in quei lungometraggi ‘commerciali’ che nella sua carriera ha regolarmente snobbato. Realizza che i grandi vini non sono mai prodotti del caso, anzi, sono figli di una programmazione scientifica, stilistica e idee rigorose, spesso radicali, scelte che riguardano territorio e vitigni.
In Italia, figurarsi in Romagna, nessuno la pensa come lui. Eppure Baldi crede nel territorio, anzi, in quel territorio, quei Ronchi che da piccoli fazzoletti di terra strappati al bosco, nascondono smisurate potenzialità. C’è da dire che a metà degli anni ‘70, al di là della triade Toscana-Piemonte-Friuli, forse del Veneto, il resto dell’Italia vitivinicola è un coacervo di sottozone la cui potenzialità è ancora da comprendere. Forse Mario Soldati è stato il primo a capirlo, ma il suo lavoro di semina è ancora lontano dal produrre frutti. Baldi decide che è il caso di approfondire: con il supporto dell’indimenticabile Luigi Veronelli, grande amico di suo fratello giornalista, si convince che la vocazione del territorio si debba esprimere attraverso la zonazione, cui dedica molto del lavoro preparatorio di Castelluccio. A parcelle diverse corrisponderanno cloni diversi, come già succede in Francia, dove la concezione del cru risale, beati loro, al 1800. A Castelluccio i cru diventano i Ronchi.
L’idea di puntare alla migliore qualità possibile, senza imporre limiti creativi a nessuno dei professionisti con cui collaborerà, è il principio stesso della fondazione di Castelluccio. Insieme a considerare lo stesso vino come un prodotto artistico. Baldi, non a caso, sceglierà i sodali tra i giovani più antidogmatici e talentuosi della sua generazione. Per questo nel 1974, con l’intermediazione di una figura chiave come Gianfranco Bolognesi - poi patron della seminale Frasca di Castrocaro - appena eletto miglior sommelier d’Italia, arriva a Castelluccio un altro personaggio destinato a fare storia come l’agronomo Remigio Bordini, anche lui di origine lughese, direttore dell’azienda Sperimentale Naldi che a Tebano, sede staccata della facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, sta lavorando al censimento dei cloni di Sangiovese allo scopo di ‘fabbricare’ la DOC. Con lui studia i terreni alla ricerca delle barbatelle più adatte da utilizzare.
Castelluccio, c’è da dirlo, è un piccolo miracolo di collocazione, adagiata nelle splendide colline fra Brisighella e Modigliana, a cavallo delle province di Forlì e di Ravenna, ad un’altitudine compresa tra i 253 e i 411 metri, con una pendenza che sfiora il 40%; è situata proprio sopra a quella che storicamente è chiamata “Vena del Gesso”, vasta area di calanchi formati dalla precipitazione dei sali di calcio dell’acqua quando, all’incirca sei milioni di anni prima, in quella zona c’era in mare. I sottosuoli, soprattutto, sono ricchissimi, composti di marna e calcare. Castelluccio segna l’inizio dell’appennino dove affiora la marnosa argnacca, i suoli perdono la conformazione argillosa e diventano sciolti, sabbiosi e poveri. La zona è circondata da vastissime formazioni boschive, ginestre, sorbi, giuggioli, ciliegi e melograni. Ci sono anche querce, castagni e faggi, con antichi olivi a completare il panorama, estremamente biodiversivo. In mezzo a loro, storicamente, viene coltivata la vite, proprio in quelle zone individuate da Baldi come parcelle ad altissima vocazione.
La Romagna appare a Gian Vittorio come una sorta di Jura, una Terra Promessa enoica: un’area dalla profonda vocazione che per oscure motivazioni non è mai riuscita a raggiungere l’affermazione che merita. Imperterrito prosegue nel lavoro. Decide di selezionare i cloni di Castelluccio tra quelli scartati per la DOC, scegliendo quelli che possono garantire risultati qualitativi migliori, a scapito della quantità. Quando nel 1975 inizia a piantare imposta il lavoro sugli impianti fitti e sulle basse rese, piantati a giropoggio come in Piemonte. Gli sembra una soluzione sensata. E poi farà come gli ha consigliato l’amico Gino, produrrà vini da singole vigne. È l’unica maniera di raggiungere i risultati che ha in mente. La stessa cura riservata al Sangiovese viene dedicata ad un vitigno che Gian Vittorio venera e che negli anni qui uscirà in letture incredibili, ovverosia il Sauvignon Blanc, che si decide di destinare al Ronco più disagiato: esposto, talmente impervio da risultare quasi impossibile da vendemmiare, con rese potenziali di meno di un ventesimo di quelle medie. Nasce il Ronco del Re.
Scelti i vitigni e i cloni, dal 1975 a Castelluccio vengono impiantati, anche qui con metodo scientificamente creativo, (ad esempio con uno strumentale rifiuto del rittochino):
- 8 ha circa di Sangiovese;
- 2 ha circa di Sauvignon Blanc;
- 0,25 ha ceppi antichi principalmente di Negretto
Ovviamente Baldi non si accontenta, perfezionista come è, tanto che fin dall’inizio (fa impressione pensare che siamo appena alla metà degli anni ’70) decide di dedicarsi ad un’agricoltura sostenibile. Inerbimento, vigneti lavorati a mano, concimazioni esclusivamente organiche. I pochi trattamenti effettuati sono a base di rame, zolfo, cake. Allevamenti a sperone o Guyot a seconda delle necessità delle viti, con piante tenute volontariamente basse. Queste attenzioni si traducono in rese minimali, che fanno rabbrividire anche oggi: 20/25 quintali per i rossi secondo le annate e addirittura 12 quintali per il bianco.
Quello di cui ci si accorge fin dalle prime vendemmie (la prima è per l’appunto quella del 1975) è che la produzione che esce dalla campagna è incredibile. Molti operatori che lavorarono a Castelluccio parlano della materia prima migliore con cui abbiano avuto a che fare. Densità, maturazione fenolica, caratteristiche del frutto. Anche in questo caso la qualità ottenuta non ha niente a che fare con scelte casuali, anzi. Si tratta di un lavoro realizzato con un obiettivo ben preciso, ovverosia ottenere il migliore vino possibile.
Anche per questo, in cantina vigono gli stessi principi della campagna. Si svolgono micro-vinificazioni separate, fermentazioni in acciaio o in grandi tini di rovere, con cura maniacale. Per l’affinamento si usano barrique di rovere, scelti dopo molte riflessioni tra quelli dalla tostatura meno invasiva, prodotti nel Massif Central. Dalla barrique si passa nuovamente alla bottiglia per un affinamento ulteriore, per garantire stabilità al prodotto finito oltre a longevità.
Il 1979 per Castelluccio è un anno fondamentale, che segna l’arrivo di un altro attore essenziale nella sua storia come Vittorio Fiore, enologo, che inizia il lavoro affiancandosi al giovanissimo Gian Matteo Baldi, secondogenito di Gian Vittorio, cui il padre, visto il precoce talento, ha affidato la cantina fin dalla prima vendemmia. Quando si parla di cantina in questo caso è improprio, perché Castelluccio in quell’anno non ha ancora locali destinati alla vinificazione di proprietà, tanto che utilizzerà gli spazi dell’Istituto di Tebano nel 1979 e quelli dell’azienda agricola dei fratelli Vallunga di Marzeno del 1980.
E così nascono le prime release, con bottiglie che (anche in questo caso in Italia nessuno ci aveva mai pensato), in casi di annate eccezionali portano il nome del cru e sono identificati con etichette ‘celebrative’: escono il Ronco del Casone e il Ronco della Ginestra nel 1979, poi Ronco del Casone, Ronco della Ginestra e Ronco dei Ciliegi nel 1980, insieme a due altri blend mai più prodotti, ovverosia il Solano Bianco e il Solano Rosso, infine la prima ‘batteria completa’ nel 1981, che è anche la data della prima vendemmia svolta nei nuovi locali, che si devono integralmente agli sforzi di Gian Matteo Baldi. Escono Ronco del Casone, Ronco della Ginestra e Ronco dei Ciliegi, più il primo Ronco del Re, le cui botti, dimenticate accidentalmente nelle cantine di Tebano, contengono una versione di Sauvignon Blanc che farà storia. Una volta completati i primi assaggi, peraltro, si realizza che quelli di Gian Vittorio e dei suoi collaboratori erano non sogni ma visioni profetiche, tanto le etichette sono stupefacenti, ai livelli non delle migliori bottiglie italiane ma addirittura di quelle internazionali.
Castelluccio così inizia la sua storia di successo e prestigio, sia all’estero che in Italia. Lo storytelling di Gian Vittorio è di valore assoluto, fa anche impressione il tocco ‘esotico’ dell’artista che fa vino artistico e lo fa meglio degli altri. Sono anni di successo fino al 1989, quando l’allontanamento volontario di Vittorio Fiore spezza in parte l’equilibrio di anni incantati. Segue un periodo difficile, tra il 1989 e il 1993, anche da un punto di vista finanziario, ma Gian Vittorio e soprattutto Gian Matteo decidono di resistere. Per combinazione proprio nel 1989 arriva Attilio Pagli, giovane enologo toscano di cui si dice un gran bene. Nel 1990 esce il suo primo vino ‘a firma’, che è il Ronco della Simia, che un po’ per la storia affascinante che si porta dietro, un po’ perché si tratta di un vino gustativamente clamoroso, si trasforma in un altro grande successo per Castelluccio. Dopo un ventennio alla guida, peraltro, nel 1996 Gian Matteo se ne va, alla ricerca di una sua collocazione professionale, iniziando una carriera di enologo-direttore di cantine di grande successo. Anche Attilio Pagli se ne va nel 1998, anche lui diventerà uno degli enologi italiani più famosi di sempre.
Nel 1999, a sorpresa, 10 anni dopo la sua uscita di scena, Castelluccio diventa di proprietà della famiglia Fiore. Nei 10 anni successivi si modernizza, realizzando etichette che vanno più incontro al gusto del pubblico, letture se vogliamo più ‘facili’, che se in parte tradiscono le visioni degli esordi ne rileggono in chiave moderna i presupposti, conservando memoria storica dei Ronchi nelle etichette. Un sogno che prosegue fino ai nostri giorni, quando Castelluccio che (ora lo possiamo dire con l’avallo della Storia) è stata una delle pochissime utopie vitivinicole realizzate, è pronto ad entrare in una nuova fase della sua vita.

venerdì 6 agosto 2021

Tempo d'estate, tempo di partenze. Ma non per tutti. Se è vero che le grandi città non vanno in vacanza, per chi si chiede cosa offrono Milano, Roma e Torino in pieno agosto, una risposta golosa arriva da Gorillas.

Per chi rimane in città ma ha voglia di concedersi uno sfizio all’aperto, il servizio di urban delivery che consegna la spesa in 10 minuti dall'ordine ha infatti pensato di lanciare sulla propria app una collection di prodotti specifici per rendere perfetti i momenti di sosta, relax o convivialità nei parchi cittadini.
Che si tratti di una merenda improvvisata nel meneghino Parco Sempione o di un picnic rilassato a Villa Pamphilj nella città eterna, Gorillas porta tutto quello che serve per viversi una sosta golosa en plain air: dalla frutta al pane fresco, dell'affettato al necessaire per uno Spritz da passeggio. Tutto in soli dieci minuti. Il punto di ritiro? In alternativa all’indirizzo di casa si può aggiungere quello del proprio parco preferito. A consegnare la spesa ovunque l’utente desideri all’interno dei quartieri cittadini coperti dal servizio ci pensano i biker di Gorillas a bordo delle loro bici elettriche.
Chi usufruisce del servizio deve solo pensare a portare un plaid, occhiali da sole e scegliere nella comodità del proprio parco preferito i prodotti e gli ingredienti per comporre il proprio picnic nel suo angolo cittadino del cuore: un gelato artigianale di Gusto17 direttamente dalle rogge del Parco Agricolo Sud, una birra del Birrificio Vetra al laghetto del Parco delle Cave, un Gimlet di NIO Cocktails dalla terrazza del Gianicolo Villa Borghese o l’iconico stecco gelato di Gelati Pepino nelle atmosfere post-industriali del Parco Dora.
Per allietare ancora di più le passeggiate estive nel verde cittadino, la bike crew di Gorillas sarà inoltre presente con le speciali cargo bikes per la consegna di omaggi di frutta fresca a Torino (20-21 agosto, Giardini Reali e Parco Colletta), Roma (27-28 agosto, Villa Pamphilj e Villa Torlonia) e Milano (3-4 settembre, Parco sempione e Giardini Montanelli).

mercoledì 4 agosto 2021

Il vino rosato è oggi più che mai sulla bocca di tutti. I trend parlano chiaro: il consumatore globale, soprattutto quello britannico, tedesco, statunitense e canadese – mercati di riferimento per la DOC delle Venezie con oltre l’80% di export destinato a questi Paesi – cerca e beve rosé. Le prospettive sono incoraggianti, dunque, per la tipologia, soprattutto nel complesso panorama post-pandemico.

Se l’industria vinicola è impegnata a cavalcare l’onda delle "mode rosa", il Consorzio delle Venezie – che rappresenta gli operatori della filiera produttiva di Pinot grigio DOC del Veneto, Friuli-Venezia Giulia e della Provincia Autonoma di Trento, una delle aree a vitigno unico più estese al mondo –, attraverso uno studio iniziato già nel 2017 e guidato dal Dottor Diego Tomasi del Centro Ricerca Viticoltura ed Enologia (CREA-VE) di Conegliano, ha deciso di investire prima di tutto nella ricerca associata al Pinot grigio e, in particolare, alla sua versione rosata o ramata. Una tipologia che a tutti gli effetti rappresenta la storia e la tradizione vitivinicola di questo vino-vitigno legato a doppio filo al Nordest italiano sin dalla fine dell’800: qui viene oggi prodotto l’85% del Pinot grigio nazionale e il 43% di quello globale.
Benché sia principalmente diffuso e conosciuto a livello mondiale per la sua versione bianca, il Pinot grigio deve il suo nome proprio al tipico colore grigio dell’uva e per questo il risultato della vinificazione "tradizionale", ossia lasciato macerare con le bucce per un tempo variabile, è un colore ramato o "buccia di cipolla".
Lo scopo del progetto, condotto dal CREA-VE e finanziato dalla Regione Veneto, è quello di studiare e confrontare le proprietà ampelografiche di 17 cloni di Pinot grigio provenienti da diversi areali produttivi di Italia, Francia, Germania e Serbia: forma e compattezza del grappolo, forma dell’acino, spessore della buccia, proprietà coloranti (quantità di polifenoli e antociani), resistenza alla botrytis, sono tutte informazioni qualitative fondamentali per la progettazione del nuovo vigneto e per la gestione dei processi di vinificazione, in particolare nelle fasi di ammostamento e macerazione.
Uno studio di grande interesse scientifico e divulgativo, su due annate, che permetterà non solo di selezionare attraverso l’analisi dei diversi campioni e delle micro-vinificazioni i cloni di Pinot grigio migliori per la produzione del "rosato", ma di definire anche una vera e propria "identità del colore" da applicare anche in etichetta, scegliendo quindi il termine più coerente rispetto al risultato ottenuto – rosato o ramato - nell’ottica di cogliere le migliori opportunità e tendenze di mercato.
Un tema caldo portato nel 2020 sul tavolo del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali dal Consorzio delle Venezie DOC e conclusosi a seguito dell’emanazione del decreto - e la successiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo con la prima modifica ufficiale al Disciplinare di Produzione - che, senza mettere mano alla base ampelografica, permetterà di riportare in etichetta i termini "rosato", "rosé" o "ramato" riferiti alla specifica tipologia e che a tutti gli effetti formalizza una tipologia già esistente.
"Nel frattempo" racconta Diego Tomasi "abbiamo provveduto ad allestire un altro impianto sperimentale con lo scopo di confrontare 13 diversi portinnesti tutti innestati su Pinot grigio. Il cambio climatico, delle tecniche agronomiche, dei caratteri dinamici del suolo e delle attese qualitative, obbligano ad una attenta e forse diversa scelta del portinnesto. Le verifiche fisiologiche e di espressione genica, dovrebbero portare in poche stagioni a nuovi consigli per il viticoltore".
"È ormai evidente che il trend del rosato sia in forte crescita" chiosa il Presidente del Consorzio di Tutela Albino Armani "Mi preme sottolineare che la nostra attenzione verso la tipologia esula da qualsiasi moda del mercato o del momento. È un lavoro del tutto indipendente iniziato già agli albori della nostra DOC, che vanta basi molto solide e importanti studi preliminari sull’aspetto enologico e viticolo. La ricerca sarà utile ai nostri produttori di Pinot grigio per poter fare un grande rosato e categorizzarlo in maniera precisa e scientifica, soprattutto ora che abbiamo ottenuto l’approvazione della modifica del disciplinare che ci permette finalmente di formalizzare una categoria che da sempre è nostra".

martedì 3 agosto 2021

Il Consorzio Tutela Formaggio Asiago annuncia che non autorizzerà richieste di modifica dell’etichettatura dell’Asiago DOP che contemplino la presenza di indicazioni a semaforo o sistemi equivalenti. Applicando i compiti conferitigli dal Reg. (UE) 1151/2012, in base al quale – tra le varie misure - i consorzi di tutela hanno facoltà di "adottare provvedimenti volti a impedire o contrastare misure che sono o rischiano di essere svalorizzanti per l’immagine dei prodotti", il Consorzio Tutela Formaggio Asiago sceglie questo provvedimento a contrasto di una misura che considera svalorizzante per l’immagine del formaggio Asiago e invita l’Unione Europea a rispettare i propri trattati e regolamenti a partire proprio dal più volte enunciato riconoscimento e tutela del valore della qualità e diversità delle produzioni agricole.

Il Reg. (UE) 1151/2012 identifica la produzione agricola come uno dei più importanti punti di forza dell'Unione e sancisce che, per le sue caratteristiche identitarie, vada protetta. Proprio per questo, il Consorzio Tutela Formaggio Asiago, ricordando che lo stesso disciplinare di produzione dell’Asiago DOP è approvato da un regolamento comunitario e patrimonio di tutti i cittadini dell’Unione, decide di proseguire nella sua azione di tutela e di non autorizzare le richieste di operatori della filiera che, su base volontaria del compratore, volessero modificare l’etichetta dell’Asiago DOP contemplando la presenza di semafori o sistemi equivalenti. Una scelta che implicherebbe, per il formaggio Asiago, classificazioni o pagelle di discutibile natura - emesse a prescindere dal suo valore alimentare e culturale – ed in contrasto con i compiti attribuiti ai consorzi di tutela dalla stesso Regolamento, tra cui quello di "sviluppare attività di informazione e di promozione miranti a comunicare ai consumatori le proprietà che conferiscono valore aggiunto ai prodotti".
"Questa nostra presa di posizione" – afferma il presidente del Consorzio Tutela Formaggio Asiago, Fiorenzo Rigoni – "vuol essere un forte richiamo all’Unione Europea che, fin dai suoi trattati e regolamenti, riconosce la produzione agricola come patrimonio vivente dal valore culturale e gastronomico da preservare. Per questo chiediamo con forza di non mettere a rischio quella tipicità e diversità che è parte della nostra storia e senza la quale tutti, produttori e consumatori, rischiamo di perdere un patrimonio comune".
In questa decisione, il Consorzio Tutela Formaggio Asiago è a fianco di OriGIn Italia, l’associazione che rappresenta circa il 95% delle produzioni del sistema dei Consorzi di tutela italiani, recentemente espressasi a favore di un’azione compatta di tutto il sistema DOP e IGP per rafforzare le posizioni politiche portate avanti dal nostro Paese, da sempre contrario all’introduzione del Nutri-score, come più volte espresso dal Ministro delle politiche agricole, Stefano Patuanelli.

lunedì 2 agosto 2021

(Credits venetoreport.it)

Una situazione del vigneto al momento buona; una fioritura iniziata in ritardo al Centro-Nord che determinerà una raccolta posticipata di circa una settimana; un danno determinato delle gelate pasquali, solo parzialmente rientrato, che influirà sulla raccolta pur con importanti differenze tra zone e vigneti. È la sintesi, al netto dell’incertezza climatica di questo periodo, del report sull’andamento climatico-vegetativo della prossima vendemmia stilato da Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini (Uiv). Le previsioni quantitative della prossima stagione di raccolta saranno come di consueto rese note dalle compagini entro la prima decade di settembre.

Sul piano qualitativo, cita il report, la situazione del vigneto è perciò generalmente buona, con livelli di anomalie legate alle piogge (scarse o grandigene) a oggi ancora circoscritte, mentre le gelate hanno arrecato danni nelle regioni del Nord Italia, Toscana, Sardegna, Umbria e sul versante Adriatico fino al foggiano.

La situazione nelle regioni

In Friuli Venezia-Giulia un autunno secco e un inverno particolarmente piovoso, associato a straordinarie nevicate in montagna, hanno sicuramente influito sul ritardo vegetativo della vite che quest'anno è iniziata verso metà aprile. L’eccezionale gelata di aprile ha colpito la Regione creando alcuni isolati danni nei fondivalle e nelle zone limitrofe ai corsi d'acqua. I problemi sono stati molto contenuti in quanto la vegetazione era appena sviluppata su varietà precoci come Glera e Chardonnay. Ai primi di giugno è iniziata la fioritura e grazie a condizioni climatiche favorevoli si è svolta nel migliore dei modi. Nelle fasi di accrescimento dei grappoli si sono registrati limitati attacchi di peronospora soprattutto in vigneti poco aerati, nel complesso comunque lo stato sanitario non genera preoccupazioni. L’attuale clima caldo e ventilato, accompagnato da fronti anticiclonici africani, porta ad avere qualche problema di siccità in collina e la necessita di intervenire con l'irrigazione di soccorso specie su vigneti coltivati su terreni sciolti.
In Trentino Alto Adige la situazione è buona: il ciclo vegetativo e le fasi fenologiche sono fino ad oggi regolari. Al di là di qualche piccolo danno da gelata avuto sulle varietà precoci, come Chardonnay e Marzemino, non si sono palesati al momento altri problemi. Le intense grandinate del 22 luglio hanno colpito soprattutto la piana rotaliana per un totale di circa 500 ettari vitati e anche la Val di Cembra, ma per capire i danni effettivi è necessario attendere. Le temperature primaverili, più basse del solito, hanno provocato nei vigneti a bassa quota dell’Alto Adige un ritardo vegetativo stimato in circa 10 giorni, più regolari i vigneti sopra i 4/500 m slm. Il caldo delle ultime settimane sta facendo recuperare in parte il ritardo accumulato nei mesi di aprile e maggio, anche se l’inizio della vendemmia potrebbe restare spostato in avanti rispetto a quella precedente.
Nella zona occidentale del Veneto, dopo una primavera che ha visto un ritorno di freddo e presenza di gelate sparse, il germogliamento è stato ritardato anche di 15 giorni. Ad oggi questo ritardo si assesta tra i 7/10 giorni. La partenza del ciclo vegetativo nell’aera orientale è avvenuta in ritardo rispetto alla scorsa annata. Durante il primo periodo del ciclo vegetativo si sono avute abbondanti precipitazioni e temperature sotto la media stagionale, in alcune zone l’abbondante umidità ha provocato attacchi di malattie fungine. La situazione meteo si è poi stabilizzata e dal mese di maggio le temperature sono risalite a valori normali. Nei mesi di maggio e giugno il passaggio di perturbazioni ha creato fenomeni atmosferici anche di intensità, colpendo a macchia di leopardo il territorio del Veneto Centro Orientale, con grandinate che in zone molto limitate hanno determinato perdite di produzione significative. Attualmente la maturazione delle uve precoci, anche a seguito delle temperature attuali, è prevista tra fine agosto e primi di settembre con un ritardo di 10-15 giorni circa rispetto alla vendemmia 2020. Si evidenzia una diminuzione di grappoli sulle varietà precoci (Pinot, Chardonnay) mentre per la varietà Glera il numero di grappoli, che risultano essere molto allungati e spargoli, rispecchia la media.
In tutte le zone vinicole della Lombardia si rileva ad oggi una buona condizione dello stato fisiologico e sanitario dei vigneti, nonostante la forte grandinata che ha interessato centinaia di ettari nell’estremo nord-est dell’Oltrepò Pavese già interessato dalle gelate primaverili. Anche in Franciacorta alcune zone hanno risentito della gelata di inizio aprile, e la situazione si è aggravata in seguito alle violente grandinate della seconda metà di luglio che hanno colpito soprattutto Adro, Erbusco, Calino, Capriolo, Passirano e Monterotondo. Nonostante la stima corretta dei danni sia da quantificare nelle prossime settimane, i grappoli sani godono di un buono stato vegetativo, proprio grazie anche alle ultime piogge, che hanno riequilibrato il regime idrico. Fortunatamente il fronte lombardo del lago di Garda è stato risparmiato sia dalle gelate tardive che dagli eventi meteo estremi che si sono abbattuti la settimana scorsa sulla sponda veronese.
In Piemonte c’è un panorama piuttosto eterogeneo ma in generale si profila una vendemmia in tempi 'normali’. Le gelate successive alla Pasqua hanno interessato diversi vigneti, con distribuzione a macchia di leopardo, ma i danni restano localizzati. C’è stato un clima piuttosto freddo fino a fine maggio, seguito da un mese di giugno tra i più caldi in assoluto con una piovosità decisamente contenuta, al limite di manifestazione di stress idrico, soprattutto nel Sud della Regione. Temporali con grandine a fine giugno nel Nord della Regione e poi al Sud nel Roero e dintorni albese.
In Emilia Romagna, dopo un inverno con modeste precipitazioni e temperature abbastanza elevate per il periodo, la ripresa vegetativa per tutte le varietà è stata veloce dal 27 marzo, quando le massime sono salite sopra i 20 °C, fino ad arrivare al 31 marzo a 26°C. I danni delle gelate di aprile subito sono apparsi molto importanti soprattutto nei fondivalle: nelle prime settimane di aprile si sono registrate temperature rigide soprattutto di notte che, oltre ad avere provocato danni da freddo ad alcuni vitigni (Lambrusco Grasparossa nella zona pedecollinare modenese) hanno ritardato la vegetazione di circa 10 gg. Di fatto nel complesso il danno quantitativo si è attenuato grazie alla ripresa delle piante, con la crescita di numerosi germogli solo parzialmente necrotizzati dopo la gelata e anche per l’emissione di grappoli dai germogli secondari. Dal punto di vista fitosanitario le uve sono mediamente ottime. Nelle colline non irrigate si iniziano ad intravedere danni fogliari da stress idrico. Saranno fondamentali piogge in fase di inizio invaiatura, fase in cui la pianta ha forte necessità idrica. Attualmente è la siccità la vera incognita.
In Toscana gli ultimi mesi del 2020 e i primi mesi del 2021 hanno fatto registrare una pluviometria abbondante che ha dotato i vigneti di un ottimo approvvigionamento idrico di partenza. I primi germogli di Sangiovese sono apparsi tra fine marzo primi di aprile con un leggero ritardo rispetto all’annata 2020. La seconda metà di aprile ha portato con sé un brusco abbassamento delle temperature con fenomeni di gelata intensi (fino a -7/-8 gradi) che hanno colpito i fondivalle ed i vigneti al di sotto dei 100 metri s.l.m. Con il ritorno del caldo del mese di maggio, la vite ha potuto svilupparsi con un buon vigore, recuperando il ritardo di sviluppo dovuto alle gelate tardive. La fioritura, avvenuta tra il 20 ed il 25 maggio, ha potuto beneficiare di un clima secco e leggermente ventilato che ha portato ad un’ottima allegagione dei frutti. Il clima tendenzialmente sereno dei mesi di maggio/giugno ha limitato lo sviluppo di malattie ed ha garantito un’ottima sanità delle piante. La presenza di importanti riserve idriche invernali ha posticipato i possibili stress idrici alla seconda metà di luglio, permettendo una buona crescita degli acini. Attualmente si cominciano a vedere leggeri segnali di invaiatura nelle zone più calde della Toscana che ci fanno pensare a una vendemmia in linea con il periodo. Qua e là si segnalano iniziali problemi legati alla siccità, che però ad oggi non preoccupano più di tanto.
Simile la situazione in Umbria dove, tolte anche importanti perdite da gelate in alcuni areali, attualmente si segnala un buono stato di salute dei vigneti con qualche fondata preoccupazione per la prolungata assenza di precipitazioni.
Restando nel Centro-Italia si segnala un normale sviluppo del vigneto del Lazio con circa una settimana di anticipo. Le gelate non hanno creato grandi perdite di prodotto mentre ora sono le alte temperature a preoccupare perché favoriscono attacchi patogeni, quali l’oidio.
Nelle Marche anche la scorsa stagione invernale è stata più calda del normale, come ormai accade da diversi anni, ma con precipitazioni più abbondanti della norma in particolare per la piovosità registrata nei mesi di dicembre e gennaio, scarsa invece la pioggia a febbraio, scarsità di piogge anche per tutta la primavera con record negativo di precipitazioni che non si registrava dal 1961. Salvo sporadici eventi, limitate piogge anche a giugno e solo a luglio si sono registrati attesi salutari piovaschi. Per la temperatura dopo le anomalie negative di marzo e aprile, il valore sostanzialmente in linea di maggio, la temperatura media torna “ad esplodere” nel mese di giugno nel quale è stata superata di ben 3°C la norma di riferimento 1981-2010. Il germogliamento delle principali varietà marchigiane quest’anno è avvenuto con un ritardo di 7-10 gg rispetto al 2020. Il ritardo si sta recuperando come verificato nei primi rilievi di invaiatura in corso, conseguenza anche dei picchi termici alternati alle piogge, che stanno regolando il metabolismo della vite. Il quadro delle malattie è abbastanza buono per assenza di peronospora e tignola mentre l'oidio è comparso in qualche areale. Si attende fra qualche giorno l'invaiatura delle uve precoci. Il livello vegetativo, un po' contenuto rispetto alla norma, è generalmente regolare e di buona vigoria.
Scendendo verso Sud si rielevano in Abruzzo e Molise piogge scarse fino ad aprile e nei mesi primaverili per cui i vigneti giovani sono andati in forte sofferenza (ove non c'era la possibilità di irrigare). Dalla fine di aprile fino alla metà di luglio non si è verificata alcuna precipitazione di rilievo e la vite dimostra ancora una volta la grande capacità di adattamento e resilienza alle situazioni estreme. È riuscita da un punto di vista fisiologico a reagire e ad adattarsi alle condizioni di scarsità idrica e di colpi improvvisi di calore, modulando il ritmo di accrescimento delle varie fasi fenologiche. Attualmente tutti i vitigni, sia precoci che tradizionali, hanno un ritardo fenologico di 5/7 giorni. Le alte temperature delle ultime settimane (prima metà di luglio) hanno praticamente arrestato la crescita vegetativa; solo le cultivar precoci hanno iniziato l'invaiatura mentre le cultivar tradizionali sono ancora in fase di accrescimento degli acini.
In Campania, l’annata 2021 ha visto temperature invernali piuttosto miti che si sono protratte con quasi un grado al di sopra delle medie fino agli inizi di marzo, e con abbondanti piogge, determinando una buona ripresa vegetativa, rallentata però dall’importante abbassamento delle temperature di inizio ad aprile, con nevicate ad alta quota e qualche gelata più in basso. Da maggio si sono assestate temperature appena più alte della media, con assenza prolungata di piogge, limitando lo sviluppo di malattie e consentendo una buona fioritura e allegagione. Il rapido passaggio alla fase di pre-chiusura del grappolo, che presentava molti residui fiorali, ha determinato lo sviluppo di grappoli tendenzialmente più spargoli. Con le piogge di metà di luglio accompagnate da un abbassamento delle temperature, si conferma al momento un ritardo di 7-10 giorni sulle fasi fenologiche della vite. In linea generale le condizioni climatiche hanno consentito una gestione dei vigneti senza particolari problemi. Passando in Puglia si ha una situazione assolutamente sotto controllo dal punto di vista fitopatologico. Buono anche lo sviluppo vegetativo con vigneti molto rigogliosi anche se queste ultime settimane hanno alzato l’attenzione sul perdurare della siccità del caldo eccessivo. Al momento l’unica certezza è che l’annata viticola volge verso un ritardo consistente nelle maturazioni. I primi rilievi su chardonnay indicano un’annata in ritardo rispetto allo scorso anno di circa 10 giorni e comunque tali ritardi non trovano eguali negli ultimi 20 anni.
In Calabria, nonostante le avversità dovute anche alle gelate i vigneti sono in uno stato vegetativo ottimale anche se le previsioni vendemmiali sono molto disomogenee addirittura da vigneto a vigneto della stessa area. Attualmente si prevedono circa 10 giorni di anticipo.
Si presenta in buona salute anche il vigneto Sicilia. Dopo un inverno di nuovo generoso dal punto di vista pluviometrico, in particolare nel mese di febbraio e marzo che ha visto accumuli sopra i 200 mm, la primavera è stata decisamente asciutta con un numero di eventi limitato e quantitativamente poco significativo. In particolare, è risultato fortemente anomalo il mese di aprile durante il quale le piogge sono state di portata assolutamente trascurabile con un cumulato medio di 3 mm, ai minimi climatici assoluti. Nella seconda metà di giugno, inoltre, le temperature sono state molto elevate, con picchi fino ai 45°C in diverse zone dell’isola, portando a qualche scottatura dei grappoli più esposti. Durante le delicate fasi di allegagione le piogge sono state praticamente assenti limitandosi di fatto a due soli eventi con quantitativi irrisori. In questo periodo le temperature si sono abbassate riducendo leggermente la percentuale di allegagione in alcune varietà. Le infezioni sia peronosporiche che di oidio più pericolose sono state limitate e di scarsa rilevanza, producendo solo qualche focolaio localizzato. In generale, dove i trattamenti sono stati fatti con accortezza, visto l’attuale andamento climatico, ci si aspetta un’annata ottima, sia per quantità che per qualità.
La Sardegna ha avuto un buon approvvigionamento d’acqua, dato che da gennaio fino a marzo si sono verificate piogge abbondanti; dal mese di marzo fino ad oggi, al contrario, si sono avute pochissime precipitazioni limitate ad alcuni areali, che stanno creando qualche problema sui vigneti non irrigui. Dal punto di vista climatico il punto dolente sono state le gelate verificatesi l’8-9 aprile, che hanno colpito in maniera molto forte il Nord Sardegna in particolare l’areale di Alghero e la Gallura dove si sono riscontrati danni del 40-50%, più lievi i danni nell’oristanese e in tutti i fondivalle nelle varie zone dell’isola. Le temperature più elevate e le poche precipitazioni degli ultimi mesi hanno invece favorito un migliore stato sanitario delle uve con la quasi totale assenza di peronospora e con attacchi limitati di oidio, offrendo attualmente uve sane in tutto il territorio. Dal punto di vista fenologico si è avuto un anticipo iniziale, ridotto successivamente dal fenomeno delle gelate di aprile e dalle alte temperature di giugno e luglio, che hanno a loro volta creato fenomeni di stress alle piante riportando il ciclo fenologico della pianta in linea con le altre annate. Ad oggi si ipotizza un inizio raccolta in linea con lo scorso anno, con le basi spumante che verranno presumibilmente raccolte entro la prima settimana di agosto, con una previsione molto positiva dal punto di vista qualitativo.

domenica 1 agosto 2021

Cucina e Cultura è un servizio catering esclusivo. Uno tra i primi di tipo Biologico ed Equosolidale presenti nella città di Roma. Nasce dall'idea di portare nelle tavole dei propri clienti solo prodotti a chilometro zero, da agricoltura biologica e filiera controllata. L'azienda si rifornisce solo da produttori locali. Ciò permette di risparmiare sui costi legati al trasporto e alle intermediazioni. Cucina e cultura, grazie alla scelta di prodotti provenienti da agricoltura biologica, è in grado di garantire ai propri clienti alimenti sempre freschi e di stagione. Ciò consentirà ai menu di offrire piatti sempre diversi e originali. L'azienda si avvale della collaborazione di personale qualificato, e di chef certificati Gambero Rosso, una delle massime autorità quando si parla di food and wine. Questo è certamente sinonimo di garanzia in fatto di qualità.

Cucina e Cultura, offre diverse soluzioni in materia di catering, adatte alle esigenze di ogni cliente. L'azienda si rivolge a più fasce d'utenza. A cominciare dalle cerimonie legate a matrimoni e battesimi, cercando di rendere ancora più unici e indimenticabili questi bei momenti. Altra proposta particolarmente apprezzata dai clienti è quella del servizio a domicilio. Questa modalità di catering negli ultimi anni ha preso sempre più piede. Consente al cliente di organizzare un evento privato nella propria abitazione, disponendo di un servizio elegante e raffinato in piena regola. Ciò permetterà di fare bella figura con i propri ospiti, che rimarranno sicuramente colpiti dal servizio e dalle portate. L'azienda si occupa inoltre di buffet, rinfreschi aziendali, e altri servizi esclusivi tutti da scoprire. Cucina e Cultura porta avanti a testa alta la sua missione, quella di portare in tavola solo prodotti sani e autentici, certificati e coltivati nel rispetto dell'ambiente. Queste scelte sono per l'azienda motivo d'orgoglio. Non solo, un catering di questo tipo può fare davvero tanto in fatto di sensibilizzazione quando si parla di temi ambientali.
Cucina e Cultura crede fermamente in ciò che fa, e conta di trasmettere a sempre più persone i suoi nobili ideali. Ma tutto ciò non passa solo attraverso la scelta dei prodotti alimentari. L'azienda infatti si avvale dell'ausilio di veicoli a metano per i trasporti, al fine di impattare meno sull'ecosistema. Come se non bastasse, le posate e i contenitori del cibo di cui dispone il servizio catering sono plastic free. Cucina e Cultura inoltre vuole bene al proprio territorio, e ne valorizza i prodotti locali, facendone uso all'interno dei propri piatti. I motivi per rivolgersi a Cucina e Cultura sono molteplici, ed è quasi impossibile non sposare le nobili cause dell'azienda. L'esperienza di una buona cucina passa anche dalla sostenibilità, e sempre più persone apprezzano questo aspetto, a detta di molti fondamentale e sempre più imprescindibile.

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